Operazioni bancarie non autorizzate: la colpa del cliente

Operazioni bancarie non autorizzate: la colpa del cliente

'Operazioni bancarie non autorizzate: la colpa del cliente'
Operazioni bancarie non autorizzate: la colpa del cliente

Operazioni bancarie non autorizzate: la colpa del cliente La cassazione ha affermato che non può ritenersi integrato il concorso colposo del cliente, che non ha diligentemente custodito i propri codici segreti, rispetto ad operazioni bancarie non autorizzate

Rapporto banca-cliente: il concorso del fatto colposo del danneggiato La vicenda in esame prende avvio dalla decisione assunta dal Tribunale di Cassino, poi confermata dal Giudice di secondo grado, con cui l’istituto bancario veniva condannato alla restituzione in favore del proprio cliente della somma di denaro oggetto di alcune operazioni bancarie che erano state compiute dalla banca, poi disconosciute dal cliente. In particolare, i Giudici del merito avevano ritenuto che, considerato che gli ordini di bonifico contestati riportavano delle firme la cui difformità rispetto all’originale era d’immediata percezione, la banca aveva assunto un comportamento non conforme ai criteri di prudenza e diligenza del bonus argentarius. Oltre a tale responsabilità, tuttavia, veniva ritenuta integrata anche una corresponsabilità, ex art. 1227 c.c., in capo al cliente, per avere lo stesso contribuito con la propria condotta al verificarsi dell’evento lesivo. In particolare, veniva ritenuto che egli aveva divulgato a terzi il proprio «codice cliente», che era stato poi utilizzato per eseguire i bonifici contestati, senza adottare le dovute cautele per custodirlo. Proprio in ragione di tale ritenuta corresponsabilità, la somma restituita a titolo di risarcimento al danneggiato-cliente era stata proporzionalmente diminuita dal Giudice di secondo grado. Avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello, che confermava la corresponsabilità del danneggiato, il cliente proponeva ricorso dinanzi la Corte di Cassazione.
Spetta alla banca dimostrare la corresponsabilità del cliente Con ordinanza n. 25712/2023 (sotto allegata) la Suprema Corte, nell’esaminare le contestazioni formulate dal ricorrente, ha in primo luogo affermato che “la Corte territoriale ha fatto coerente applicazione del principio secondo cui la responsabilità della banca nei confronti del cliente, per aver eseguito un ordine di bonifico pervenuto alla banca tramite canali inusuali, non può essere esclusa con riguardo al solo riscontro della conformità della firma allo specimen, atteso che, secondo le regole di diligenza cui è tenuto il mandatario, in presenza di circostanze del caso concreto che suggeriscano ulteriori controlli, l’omissione di questi integra colpa ed è quindi ostativa alla configurabilità di una situazione di apparenza giustificativa di un esonero da detta responsabilità”. Passando poi all’esame della ritenuta corresponsabilità del cliente ai sensi dell’art. 1227 c.c., applicabile, per l’espresso richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c. anche nel campo della responsabilità extracontrattuale, il Giudice di legittimità ha ritenuto che “non sarebbe stato dimostrato che il (cliente) avesse portato a conoscenza di terzi i propri dati personali, né che la sua condotta fosse stata colposa (…) né sarebbe stata accertata la essenzialità dei predetti codici per l’esecuzione dei bonifici né, quindi, l’efficacia causale della condotta asseritamente concorrente del (cliente) nella verificazione del danno, prova incombente pur sempre sul (…) debitore-danneggiante”. In questo senso, a detta della Corte, l’onere probatorio, gravante sulla banca ai fini della configurabilità della corresponsabilità del cliente, non sarebbe stato integrato nelle precedenti fasi giudiziarie. Sempre in merito agli effetti derivanti dalla non corretta custodia dei codici clienti, che secondo il Giudice del merito avrebbe causato l’indebita sottrazione di denaro a carico del cliente, la Cassazione ha spiegato come una simile deduzione “radica il concorso di colpa del danneggiato nel fatto, assunto come di sicuro rilievo causale, che senza i predetti codici non sarebbe stato possibile eseguire i bonifici e poiché tali codici avrebbero dovuto essere custoditi dal (cliente), quest’ultimo sarebbe responsabile in parte per le conseguenze pregiudizievoli del proprio comportamento non diligente.” Per tali ragioni, la Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata presenti delle aporie argomentative confliggenti con il principio secondo cui “in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227 c. 1, c.c.… la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza, deve essere fornita dal debitore danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore”. Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha accolto le doglianze del ricorrente e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.