COSTITUISCE DISCRIMINAZIONE IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO A CAUSA

COSTITUISCE DISCRIMINAZIONE IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO A CAUSA DELL’ORIENTAMENTO SESSUALE DEL LAVORATORE

'COSTITUISCE DISCRIMINAZIONE IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO A CAUSA DELL’ORIENTAMENTO SESSUALE DEL LAVORATORE'
COSTITUISCE DISCRIMINAZIONE IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO A CAUSA DELL’ORIENTAMENTO SESSUALE DEL LAVORATORE

È discriminatorio non rinnovare il contratto a causa dell’orientamento sessuale del lavoratore. Ciò è quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31071 del 2 novembre 2021. Nella vicenda in esame, la Corte d’Appello, in parziale riforma dell’ordinanza resa dal Tribunale nell'ambito di un procedimento, ex art. 4 del D.Lgs. 216/2003, promosso su ricorso di Tizia, della CGIL e dell’associazione Alfa nei confronti dell’istituto religioso Beta, accertava la natura discriminatoria per orientamento sessuale, individuale e collettiva, della condotta posta in essere dal predetto istituto in relazione alla selezione per l'assunzione degli insegnanti; ordinava, dunque, allo stesso istituto l'immediata cessazione di tale condotta e lo condannava al pagamento in favore di Tizia di Euro 13.329,00 a titolo di danno patrimoniale ed Euro 30.000,00 a titolo di danno morale, nonché al pagamento in favore dell'associazione e della CGIL, a titolo di risarcimento del danno, di Euro 10.000,00 ciascuna. Per la cassazione di detta sentenza proponeva ricorso la parte soccombente con cinque motivi, mentre resistevano con unico controricorso gli intimati. Il Tribunale Supremo, confermando quanto statuito dal giudice di merito, osservava in via preliminare che non può essere invocata, neppure dalle organizzazioni religiose e di tendenza, la libertà organizzativa per prendere decisioni apertamente discriminatorie. Difatti, per gli Ermellini, il diritto antidiscriminatorio non può declinarsi tenendo conto della necessità di assicurare la libertà di organizzazione dell’ente religioso, ed anche in un ipotetico bilanciamento di interessi, l’esercizio di nessuna libertà può giustificare la lesione di diritti fondamentali e inviolabili della persona. In virtù di ciò, la Suprema Corte rigettava il ricorso.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'