Lavoro eccedente la tollerabilità e onere della prova

Lavoro eccedente la tollerabilità e onere della prova

'Lavoro eccedente la tollerabilità e onere della prova'
Lavoro eccedente la tollerabilità e onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6008/2023, si è pronunciata in tema di superlavoro. Tizio conveniva in giudizio l’azienda datrice per domandare la condanna al risarcimento del danno biologico conseguente all'infarto del miocardio subito a causa del sottodimensionamento dell'organico che l'aveva costretto per diversi anni a pesanti ritmi e turni di lavoro. Il giudice di prime cure respingeva la domanda dell’attore, escludendo la responsabilità dell'azienda convenuta ai sensi dell'art. 2087 c.c., dal momento che la stessa non aveva il potere di aumentare l'organico e di assumere altri dipendenti. I giudici del gravame respingevano l’appello. A questo punto, la vicenda approdava in Cassazione, la quale dava ragione a Tizio. Gli Ermellini specificavano che “Il lavoratore a cui sia stato richiesto un lavoro eccedente la tollerabilità, per eccessiva durata o per eccessiva onerosità dei ritmi, lamenta un inesatto adempimento altrui rispetto a tale obbligo di sicurezza, sicché egli è tenuto ad allegare rigorosamente tale inadempimento, evidenziando i relativi fattori di rischio (ad es. modalità qualitative improprie, per ritmi o quantità di produzione insostenibili etc., o secondo misure temporali eccedenti i limiti previsti dalla normativa o comunque in misura irragionevole), spettando invece al datore dimostrare che i carichi di lavoro erano normali, congrui e tollerabili o che ricorreva una diversa causa che rendeva l'accaduto a sé non imputabile”. Secondo i giudici di legittimità, “Oltre a non potersi imporre al lavoratore di individuare la violazione di una specifica norma prevenzionistica … , ancor meno ciò può essere richiesto quando, adducendo la ricorrenza di prestazioni oltre la tollerabilità, è in sé dedotto un inesatto adempimento all'obbligo di sicurezza, indubbiamente onnicomprensivo e che non necessita di altre specificazioni, pur traducendosi poi esso anche in violazione di disposizioni antinfortunistiche”. La Suprema Corte sottolineava che i giudici di secondo grado avevano errato nel pretendere da Tizio l'indicazione di «ben determinate norme di sicurezza», essendo idonea e sufficiente a dimostrare la nocività dell'ambiente di lavoro la prova dello svolgimento prolungato di prestazioni eccedenti un normale e tollerabile orario lavorativo. Altresì, rimproverava alla Corte distrettuale l'inserimento del tema della mancanza di autonomia dell’azienda nella decisione di assumere altro personale nell'ambito della motivazione sul mancato assolvimento degli oneri di allegazione e di prova gravanti sul dipendente. Pertanto, i giudici di piazza Cavour accoglievano il ricorso del lavoratore.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'