Tutela del minore e mandato d’arresto europeo

Tutela del minore e mandato d’arresto europeo

'Tutela del minore e mandato d’arresto europeo'
Tutela del minore e mandato d’arresto europeo

Tutela del minore e mandato d’arresto europeo In tema di mandato d’arresto europeo non può essere rifiutata la consegna allo Stato richiedente, solo perché la persona alla quale lo stesso si riferisce sia madre di prole con lei convivente, di età inferiore ai tre anni

L’autorizzazione alla consegna della madre Nel caso in esame, la Corte d’appello di Messina aveva disposto la consegna di una donna alle competenti autorità giudiziarie della Svezia, in considerazione del M.A.E. emesso dalla Corte distrettuale di Stoccolma nell’ambito di un procedimento penale pendente che vedeva coinvolta la donna per reati tributari commessi in qualità di legale rappresentante di due società con sede in Svezia. La Corte territoriale italiana aveva disposto la consegna della donna non avendo ritenuto fondate le ragioni avanzate dalla difesa in relazione, tra l’altro, alla sua condizione di madre di una bambina di età inferiore ai tre anni. Avverso tale decisione veniva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, evidenziando, tra i diversi motivi d’impugnazione, la ritenuta violazione dell’“art. 1 comma 3 della Decisione quadro 2002/584/GAI, correlato all’art. 48 Carta di Nizza, ed all’art. 2 Cost. in relazione all’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE) ed all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), per effetto della mancata considerazione della condizione di madre di una bambina di due anni”. A tal proposito, la difesa aveva evidenziato che è “onere dell’autorità giudiziaria dello Stato richiesto verificare se l’esecuzione del mandato di arresto europeo possa essere lesivo delle garanzie costituzionali e dei diritti fondamentali garantiti dalle convenzioni sovranazionali”. In ragione di tale onere, spiega la difesa, la Corte aveva errato nel non aver compiuto alcun vaglio circa il danno che sarebbe derivato a carico della figlia della ricorrente dall’esecuzione del mandato, visto il suo radicamento in Italia, nonché le relazioni create con le insegnanti e con i compagni di classe.

Cassazione: l’onore probatorio spetta alla parte La Suprema Corte, con sentenza n. 51798/2023, ha ritenuto il ricorso non fondato. Per quanto in particolare attiene al motivo di ricorso oggetto del presente esame, la Corte ha ritenuto non fondata la ritenuta violazione normativa incentrata sulla qualità della ricorrente quale madre di bambina di due anni, essendo intervenuta l’abrogazione dell’art. 18, lett. p), della legge n. 69/2005. Sul punto, osserva la Corte, l’art. 2 della legge n. 69/2005 non consente l’introduzione di motivi di rifiuto alla consegna diversi ed ulteriori da quelli previsti dalla legge quadro di derivazione europea, così come anche affermato dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 216/2021 che ha messo in rilievo che, l’esigenza di garantire l’uniformità e l’effettività della normativa a livello europeo, non consente alle autorità giudiziarie degli Stati richiesti di rifiutare la consegna al di fuori dei casi espressamente previsti dalla normativa sul M.A.E. In questo senso, prosegue la Suprema Corte “il d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 ha operato una generalizzata soppressione di tutte le disposizioni interne difformi dalla disciplina europea al fine di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato di arresto europeo”. Inoltre, la soppressione del sopracitato art. 18, lett. p), secondo quanto riferisce il Giudice di legittimità “si giustifica sulla base della presunzione che negli Stati UE la tutela delle madri di figli di tenera età è assicurata nei sistemi processuali-penali in modo coerente ai principi di diritto affermati anche dalla convenzione europea”. Quanto detto è anche confermato sul piano normativo, dalla direttiva (UE) 2016/800 che tutela, a livello europeo, il superiore interesse del minore indagato o imputato e che impone agli Stati membri il rispetto delle garanzie procedurali nei loro confronti, conformemente a quanto previsto dalla CDFUE; ne consegue che, se tali garanzie sono previste ed assicurate da tutti gli Stati che hanno firmato la CDFUE, nei confronti dei minori indagati ed imputati, allora le stesse sono tanto più applicate in favore dei figli minorenni della persona di cui è stata richiesta la consegna. Tale presunzione “costituisce il fondamento dell’emissione del mandato di arresto europeo, ed è onere della parte allegare elementi concreti di valutazione che possano suffragarne la violazione da parte dell’ordinamento dello Stato emittente, che non può essere perciò dedotta in modo soltanto ipotetico e astratto”. La Corte conclude quindi il proprio esame sul punto ribadendo che è “onere della parte allegare circostanza concrete che dimostrino che nello Stato richiedente vi siano sistemiche carenze strutturali che non consentono di tutelare i diritti del minore, e solo se tali carenze risultino dimostrate si giustifica il rifiuto della consegna”, questo in quanto “il rifiuto di eseguire la consegna è concepito come una eccezione che deve essere interpretata restrittivamente”