APERTURA ABBAINO SU TETTO CONDOMINIALE: OCCORRE L’AUTORIZZAZIONE

APERTURA ABBAINO SU TETTO CONDOMINIALE: OCCORRE L’AUTORIZZAZIONE DELL’ASSEMBLEA?

'APERTURA ABBAINO SU TETTO CONDOMINIALE: OCCORRE L’AUTORIZZAZIONE DELL’ASSEMBLEA?'
APERTURA ABBAINO SU TETTO CONDOMINIALE: OCCORRE L’AUTORIZZAZIONE DELL’ASSEMBLEA?

L’abbaino è un vano di dimensioni contenute, costituito da una sopraelevazione realizzata su una parte del tetto, avente, quale funzione principale, quella di agevolare l’accesso al tetto stesso, al fine di permettere le opere di manutenzione relative ad elementi (ad esempio, cornicioni) e, quale funzione secondaria, quella di fornire aria e luce ai locali sottostanti. Il proprietario dell'ultimo piano è libero di realizzarlo, anche se a determinate condizioni. Ciò è consentito dall'articolo 1102 del codice civile, che consente a ciascun condomino di servirsi della cosa comune, apportando a proprie spese le modifiche necessarie per il suo miglior godimento. Tale disposizione riecheggia anche nella sentenza del Tribunale di Milano, n. 601 del 28 febbraio 1991: “Il proprietario del solaio o sottotetto può aprire nel tetto abbaini per dare aria e luce ai locali sottostanti quando l'abbaino sia costruito a regola d'arte e non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, né leda altrimenti il diritto degli altri condomini, in quanto l'esercizio di tale facoltà rientra nelle modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. Conseguentemente, spiega la sentenza, non c’è “bisogno del consenso della maggioranza dei condomini”. Ciò significa che la delibera che eventualmente vieti al condomino di fare un simile lavoro deve reputarsi illegittima. L’importante è che l’opera non pregiudichi la funzione di copertura e non determini un rischio per la stabilità del palazzo. Ad esempio, un lavoro fatto in modo non adeguato determina spesso infiltrazioni di acqua che, dal lastrico solare, potrebbero giungere fino alle scale o negli altri appartamenti privati. In quel caso, ad essere responsabile è l’autore degli interventi che dovrebbe risarcire i danneggiati. A proposito della realizzazione dell’abbaino da parte di un singolo condomino, è importante annoverare anche la sentenza n. 17099/2007 della Suprema Corte: “Le modifiche alle parti comuni dell’edificio (contemplate dall’art. 1102 c.c., comma 1) possono essere apportate dal singolo condomino nel proprio interesse ed a proprie spese al fine di conseguire un’utilità maggiore e più intensa: sempre che non alterino la normale destinazione della cosa comune e non ne impediscano l’altrui pari uso”. Prima di realizzare l’opera, sia il privato che il condominio, devono richiedere le autorizzazioni amministrative necessarie, previste dal comune e dalla regione dove è stato realizzato l’edificio. Nel caso in cui la proprietà è condominiale (cioè quando è di uso comune), per l’apertura di un abbaino è necessaria l’approvazione dell’assemblea. Dal momento che l’operazione richiede una trasformazione parziale del tetto, la modifica deve essere riconosciuta quale innovazione e, di conseguenza, l’assemblea può deliberare a riguardo esclusivamente con le maggioranze previste dagli artt. 1120-1136 del codice civile e, comunque, nel rispetto del decoro architettonico dell’edificio. In particolare, il secondo comma dell’art. 1120 c.c. stabilisce che: “Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”. La giurisprudenza ormai costante afferma che per innovazione (istituto richiamato dall’art. 1120 C.C.) "deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto (richiamando l’art. 1102 C.C.)” (Cfr. Cass. Civ., sentenza 5 novembre 2002, n. 15460, Cass. Sez. II, sentenza 23 ottobre 1999 n. 11936, Cass. Sez. II, sentenza 23 ottobre 1998, n. 8622, Cass. Sez II Sentenza 11 gennaio 1997, n. 240, Cass. Sez. II, sentenza 5 novembre 1990, n. 10602, Cass. Sez. II, sentenza 29 luglio 1989, n. 3549). Ne consegue che nel condominio negli edifici, le modifiche alle parti comuni del fabbricato, di cui all'art. 1102 cod. civ., possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, nonché indipendentemente dal consenso degli altri condomini, al fine di conseguire un uso più intenso della struttura modificata, sempre che gli interventi operati su questa non ne alterino la destinazione e non comportino impedimento all'altrui pari possibilità di uso (cfr., "ex plurimis", Cass. Sez. II civ., sent. n. 1554 del 20.2.1997).

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'