Caduta dell’alunno: la scuola è responsabile?

Caduta dell’alunno: la scuola è responsabile?

'Caduta dell’alunno: la scuola è responsabile?'
Caduta dell’alunno: la scuola è responsabile?

La Cassazione, con l’ordinanza n. 15190/2023, ha stabilito che l’istituto scolastico non risponde della frattura della tibia riportata dallo scolaro per una caduta avvenuta a scuola.

IL CASO

La minore Sempronia, rappresentata dalla madre, quale esercente la responsabilità genitoriale, citava a giudizio il Ministero dell’Istruzione e la Scuola Secondaria per la condanna al risarcimento dei danni patiti a seguito dell’incidente avvenuto all’interno dell’istituto scolastico; difatti, Sempronia, tornando dal bagno verso l’aula, cadeva dalle scale fratturandosi la tibia. Il giudice di primo grado rigettava la domanda attorea e i giudici di merito confermavano la decisione del Tribunale; in particolare, la Corte territoriale sottolineava la natura contrattuale della responsabilità della scuola e che detta responsabilità trova fondamento nella violazione dell’obbligo di vigilanza sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo.

LA CENSURA

Nel frattempo, Sempronia diveniva maggiorenne e si rivolgeva alla Suprema Corte, censurando la sentenza per avere operato una indebita inversione dell’onere della prova, sul presupposto che, avendo lei dimostrato il fatto costitutivo della pretesa risarcitoria (consistente nella circostanza di essere scivolata sulle scale della scuola di ritorno dal bagno, in orario scolastico, procurandosi la frattura della tibia), l’istituto avrebbe dovuto dimostrare che aveva esattamente adempiuto all’obbligo di sorveglianza e che l’incidente era stato, dunque, provocato da una causa ad essa non imputabile.

LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Cassazione dava torto a Sempronia. Gli Ermellini precisavano che la Corte d’appello, qualificata la responsabilità dell’amministrazione scolastica come responsabilità contrattuale, aveva correttamente individuato la regola di riparto dell’onere della prova, avendo ritenuto che gravasse sull’attrice l’onere di provare la fonte del suo credito e il danno, nonché quello di allegare l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione di vigilanza gravante sulla convenuta, mentre spettasse a quest’ultima la prova, da offrirsi anche in via presuntiva, dell’esatto adempimento di detta obbligazione o della causa imprevedibile e inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione che ne forma oggetto. Movendo da detta corretta ripartizione dell’onere probatorio, i giudici di merito avevano poi ritenuto che quello, gravante sull’amministrazione convenuta, di dimostrare il regolare adempimento dell’obbligo di sorveglianza degli alunni, potesse ritenersi assolto, nel caso concreto, in seguito all’emersione della circostanza che tanto le condizioni oggettive dello stato dei luoghi (non essendo stata evocata l’usura dei gradini o la loro scivolosità, né essendo stata dedotta la contemporanea presenza di più alunni) quanto le condizioni subiettive dell’alunna (dotata di sufficiente grado di sviluppo psico-motorio e di piena autonomia e capacità di deambulazione) ne rendevano inesigibile una sorveglianza continua nel tratto che separava l’aula dai bagni. Pertanto, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'