IL DANNO BIOLOGICO

IL DANNO BIOLOGICO

'IL DANNO BIOLOGICO'
IL DANNO BIOLOGICO

Il danno biologico è un danno di natura non patrimoniale che sussiste nella circostanza in cui un soggetto sia leso nella propria integrità fisica o psichica. È tale non soltanto quando sia di carattere permanente, ma pure nel caso in cui abbia la peculiarità di essere reversibile. Il danno biologico trova la sua principale fonte normativa nell’articolo 32 della Costituzione, che così recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. La natura lesiva nei confronti di un diritto costituzionalmente garantito (quello alla salute e all'integrità fisica), rende il danno biologico risarcibile ai sensi dell'art. 2059 del codice civile in seguito alla sentenza della Corte di Cassazione 12 dicembre 2003, e non invece dall'art. 2043 che riguarda esclusivamente i danni patrimoniali. Tale tipologia di danno è stata elaborata nel tempo dalla giurisprudenza. Inizialmente, prevedendo l'ordinamento positivo un risarcimento del danno cosiddetto patrimoniale, il solo danno risarcibile ammesso era il cosiddetto danno emergente (inteso esclusivamente dal punto di vista economico) ed il lucro cessante (inteso come perdita di possibilità di guadagno). Soltanto in seguito si è cominciato a valutare il danno come riverberato sull'integrità fisica del soggetto, prescindendo, dunque, da ogni valutazione sulla capacità lavorativa del soggetto. Il danno biologico riguarda la persona in senso stretto e, proprio per questa ragione, non prende in considerazione neppure l’eventuale perdita di produttività lavorativa del soggetto in questione (ad esempio i giorni di lavoro persi, nel corso della convalescenza). Questo danno deve essere necessariamente liquidato in via equitativa, dal momento che non può rivestire una consistenza economica o reddituale. Del resto, non si può certo ritenere che la liquidazione sia completamente soddisfacente. La salute è come tale il bene primario, e la giurisprudenza è consapevole del fatto che non possa essere compensata con una misura patrimoniale. Nonostante questo, è ovvio che si debba comunque procedere al ristoro del danno non patrimoniale, da convertirsi in termini pecuniari attraverso una valutazione equitativa che sia quanto più possibile uniforme da caso a caso, al fine di evitare delle ingiustizie. Il calcolo del danno biologico avviene sulla base di due diversi parametri: 1) L’invalidità temporanea, vale a dire tutti quei giorni che vanno dall’incidente al completo ristabilimento del danneggiato oppure il momento in cui si deduca che qualunque cura o terapia non migliorerebbe la situazione. Tutto questo deve essere comprovato da un medico; 2) L’invalidità permanente, che si ha quando le conseguenze del sinistro non sono eliminabili con cure o terapie. Per il danno biologico nascente da sinistro stradale e inferiore ai 9 punti percentuale di invalidità permanente esistono le apposite tabelle dettate dal legislatore. Ciò vale anche per gli infortuni sul lavoro. In tutti gli altri casi, bisogna fare riferimento ad altri tipi di tabelle. A tal proposito va ricordata un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui “La liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice, con ricorso al metodo equitativo, anche attraverso l'applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, quali le cosiddette "tabelle" (elaborate da alcuni uffici giudiziari), ancorché non rientrino nelle nozioni di fatto di comune esperienza, né risultano recepite in norme di diritto, come tali appartenenti alla scienza ufficiale del giudice." (sent. n. 11039 del 12/05/2006). Attualmente il sistema tabellare più utilizzato nelle Corti d'Appello italiane è quello del Tribunale di Milano. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22969 del 2020 è intervenuta su un procedimento di malpratica medica chiarendo che, in presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli uffici giudiziari, può subire un aumento esclusivamente in presenza di conseguenze dannose totalmente anomale e peculiari. Dunque, le conseguenze della menomazione che non sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state sofferte solamente dal singolo danneggiato, a causa delle peculiarità del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico. Nel caso in cui la menomazione accertata incida in modo rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, l’ammontare del danno può essere aumentato dal giudice sino al 30% con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. L’aumento personalizzato del danno biologico viene circoscritto agli aspetti dinamico-relazionali della vita del soggetto in relazione alle prove prodotte, indipendentemente dalla considerazione e dalla risarcibilità del danno morale, evitando in tal modo una duplicazione risarcitoria. Dunque, se le tabelle del danno biologico indicano un indice standard di liquidazione, l’eventuale aumento percentuale sarà funzione della specificità del caso concreto in base al pregiudizio arrecato alla vita di relazione del soggetto.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'