Locazioni ad uso non abitativo e obblighi gravanti sul conduttore

Locazioni ad uso non abitativo e obblighi gravanti sul conduttore

'Locazioni ad uso non abitativo e obblighi gravanti sul conduttore'
Locazioni ad uso non abitativo e obblighi gravanti sul conduttore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14067/2023, ha affermato che nelle locazioni ad uso non abitativo il conduttore è tenuto a verificare l’adeguatezza dell’immobile a quanto tecnicamente necessario ai fini dello svolgimento della sua attività.

IL CASO

Tizio intimava sfratto per morosità a Caio e citava quest’ultimo davanti al Tribunale per la convalida, invitandolo a rilasciare l’immobile locato. Osservava che l’immobile era stato concesso in locazione ad una società che vi esercitava l’attività di bar, la quale aveva ceduto l’attività ad un primo cessionario il quale l’aveva poi ceduta a Caio che si era reso moroso nel pagamento dei canoni da ottobre 2011 a febbraio 2012 ed aveva intrapreso lavori edili senza l’autorizzazione del proprietario locatore. Pertanto, Tizio domandava la convalida dello sfratto per morosità e la dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore. Caio si opponeva allo sfratto contestando la morosità e domandava, in via riconvenzionale, dichiararsi la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore poiché il locale, preso in locazione per essere adibito a bar, non aveva la struttura idonea per consentire la preparazione di alimenti finalizzata alla vendita. Istruita la causa con interrogatorio formale, prove testimoniali e CTU, il Tribunale rigettava la domanda principale, mentre accoglieva quella riconvenzionale del conduttore dichiarando risolto il contratto per inadempimento del locatore, con conseguente condanna dello stesso al risarcimento del danno. I giudici di secondo grado, accogliendo il gravame di Tizio, ritenevano che Caio avesse eseguito lavori di adeguamento strutturale dell’immobile senza chiedere l’autorizzazione del locatore e senza predisporre un progetto esecutivo, e che la risoluzione del contratto dovesse imputarsi a fatto e colpa del conduttore, non sussistendo alcuna obbligazione del locatore ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c. di procedere all’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità sopravvenute alla consegna.

LA CENSURA

A questo punto, Caio proponeva ricorso per la cassazione della sentenza lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1578 c.c. omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. Il ricorrente censurava la sentenza per aver omesso di valutare se, oltre agli obblighi di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c., il locatore fosse gravato anche dell’obbligo di assicurare, ai sensi dell’art. 1578 c.c., che la cosa locata fosse immune da vizi che la rendessero inidonea all’uso convenuto, sì da giustificare, in caso di inottemperanza a tali obblighi, la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore. Secondo Caio, i giudici d’appello avevano erroneamente ritenuto legittimo il comportamento del locatore prendendo solo in considerazione gli artt. 1575 e 1576 c.c. e non anche l’obbligo di garanzia stabilito dall’art. 1578 c.c.

LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Cassazione dava torto a Caio. Gli Ermellini precisavano che “Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore”. Inoltre, “In caso di subentro nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso non locativo, conseguente ex art. 36 della legge n. 392 del 1978 alla cessione d'azienda – come nel caso all’esame -, al cessionario non è consentito l'esercizio dell'azione di risoluzione ovvero di riduzione del canone, previsti dall'art. 1578 c.c. per l'ipotesi che la cosa locata, al momento della consegna, presenti vizi non noti o non facilmente riconoscibili (pur a voler, a tutto concedere e per mera ipotesi, ritenere tali quelli denunciati nel presente giudizio, in quanto per quelli noti o facilmente riconoscibili resta esclusa ogni garanzia del locatore) che ne diminuiscano in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito per il conduttore, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l'applicabilità dell'art. 1578 c.c., e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore”. Pertanto, la Suprema Corte rigettava il ricorso.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'