PENSIONE DI REVERSIBILITÀ: I CRITERI PER LA RIPARTIZIONE

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ: I CRITERI PER LA RIPARTIZIONE

'PENSIONE DI REVERSIBILITÀ: I CRITERI PER LA RIPARTIZIONE'
PENSIONE DI REVERSIBILITÀ: I CRITERI PER LA RIPARTIZIONE

Cass. Civ., Sez. I, ord. 30 dicembre 2021 n. 41960

Il giudice di prime cure determinava il diritto di Tizia alla quota del 40% del trattamento pensionistico di reversibilità determinato in esito alla morte dell'ex coniuge Caio, con compensazione delle spese di lite. I giudici di secondo grado, in parziale riforma della sentenza di primo grado, determinava la quota della pensione di reversibilità spettante a Tizia nella misura del 25% e nella misura del 75% quella spettante a Sempronia, coniuge superstite. In particolare, la Corte d’Appello, dopo avere dato atto della estraneità alla pronuncia della figlia Mevia, parte appellante, teneva conto, in applicazione dell'art. 9 della legge n. 898/1970, della durata del rapporto matrimoniale, oltre che dell'entità dell'assegno divorzile posto a carico di Caio, come modificato in seguito al collocamento in quiescenza dello stesso nel febbraio del 2009, nonché dei redditi propri di Tizia e Sempronia. A questo punto, Tizia ricorreva in Cassazione deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 9 della legge n. 898/1970, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., non avendo i giudici di merito fondato la propria decisione sul criterio temporale della durata del rapporto di coniugio che era stata di 20 anni, mentre il rapporto con Sempronia era durato solamente 14 anni. La Corte distrettuale aveva anche trascurato la situazione reddituale delle parti in causa, impossidente la ricorrente e proprietaria di diversi beni immobili la resistente; altresì, i giudici di secondo grado avevano affermato che la quota di reversibilità doveva essere determinata considerando la percentuale dell'assegno di divorzio corrisposto a Tizia rispetto alla pensione del de cuius. La Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso stabilendo che “La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza «more uxorio» non una semplice valenza «correttiva» dei risultati derivanti dall'applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale”. Inoltre, secondo i giudici di legittimità, per la ripartizione del trattamento di reversibilità vanno presi in considerazione anche l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto, nonché la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, senza, tuttavia, mai confondere la durata delle convivenza con quella del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale, né individuare nell'entità dell'assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all'ex coniuge, data la mancanza di qualunque indicazione normativa in tal senso. Infine, “Il giudice deve tenere conto dell'elemento temporale (durata del matrimonio), la cui valutazione non può in nessun caso mancare - ma che, al contempo, non può divenire esclusivo nell'apprezzamento del giudice -, e deve tenere conto (alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 419 del 4 novembre 1999) di ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali; non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere né essere valutati in egual misura, rientrando nell'ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'