PER IL REATO DI STALKING È SUFFICIENTE LO STATO DI ANSIA E DI PAURA

PER IL REATO DI STALKING È SUFFICIENTE LO STATO DI ANSIA E DI PAURA DELLA VITTIMA

'PER IL REATO DI STALKING È SUFFICIENTE LO STATO DI ANSIA E DI PAURA DELLA VITTIMA'
PER IL REATO DI STALKING È SUFFICIENTE LO STATO DI ANSIA E DI PAURA DELLA VITTIMA

Affinché si configuri il reato di stalking non è necessaria la modifica delle abitudini di vita, bensì basta lo stato di ansia e di paura ingenerato nella persona offesa. Ciò è quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 31533 dell’11 agosto 2021. La vicenda traeva origine dalla decisione della Corte d’Appello che confermava, anche agli effetti civili, la condanna di Sempronio per il reato di atti persecutori, commesso ai danni della moglie separata Tizia. A questo punto, Sempronio ricorreva in Cassazione, attraverso il suo difensore; in particolare, si asseriva che: • l’uomo non aveva assunto alcun comportamento persecutorio, dal momento che il suo intento era soltanto quello di vigilare sulle sorti della propria figlia, la quale era collocata presso la madre; • il Tribunale avrebbe impedito a Sempronio di fornire prova dei propri assunti, non ammettendo la produzione documentale richiesta, che afferiva a fotografie che ritraevano la vittima in locali pubblici, con didascalie offensive dell'onore e del decoro dell'imputato; • difetterebbe l'evento del reato, non ravvisandosi uno stato di ansia o di paura, né un mutamento delle abitudini di vita. Il Tribunale Supremo dichiarava inammissibile il ricorso, rilevando che dall'istruttoria era emersa una condotta gravemente persecutoria nei confronti di Tizia, già vittima di maltrattamenti in famiglia; la Corte territoriale aveva evidenziato che: • gli appostamenti, le frasi minatorie con cui Sempronio aveva reagito alla perdita di controllo sulla vita della moglie separata, le azioni dirette contro le persone a lei vicine per isolarla, non presentavano alcuna correlazione con l'esercizio del diritto di visita della figlia, dimostrando, invece, la volontà di impedire alla vittima di rifarsi una vita; • la lamentata lesione della propria dignità di uomo, derivante dalla riacquistata libertà della moglie, rappresentavano sintomo manifesto dell'atteggiamento possessivo dell'imputato. Inoltre, il Tribunale aveva ravvisato in Tizia uno stato di ansia e di paura per la propria incolumità che era conseguenza delle minacce e delle aggressioni fisiche poste in essere da Sempronio. Secondo gli Ermellini, ciò è sufficiente “ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, al di là della questione sul mutamento delle abitudini di vita, dato che gli eventi previsti dall'art. 612-bis cod. pen. sono alternativi”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'