Coronavirus e climatizzazione: come gestire al meglio per evitare il

Coronavirus e climatizzazione: come gestire al meglio per evitare il contagio?

'Coronavirus e climatizzazione: come gestire al meglio per evitare il contagio?'
Coronavirus e climatizzazione: come gestire al meglio per evitare il contagio?

AiCARR fa chiarezza sul ruolo degli impianti di ventilazione, condizionamento e climatizzazione nella diffusione del virus Covid-19

Quale ruolo possono avere gli impianti di climatizzazione ad aria nella diffusione del “nuovo coronavirus”? AiCARR (Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento e Refrigerazione) affronta la questione realizzando un interessante documento sul funzionamento degli impianti di climatizzazione durante l’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19. Il virus, si premette nel position paper di AiCARR, si ritiene sia trasmissibile da un individuo all’altro secondo tre modalità ossia per contatto ravvicinato e diretto con la persana infetta, per inalazione di goccioline liquide prodotte dalla persona infetta e tramite il contatto di superfici contaminate dal virus. Il contatto diretto con le secrezioni respiratorie sembra essere, in queste situazioni, la principale via di trasmissione; tuttavia, secondo AiCARR, nella gestione degli impianti è necessario considerare il rischio di contagio da bioaerosol, su cui la comunità scientifica discute. Si tratta della possibilità che il virus sia trasmesso attraverso goccioline che, per le ridotte dimensioni, non risentono della gravità e restano sospese nell’aria. Sarebbe quindi opportuno rispettare alcune indicazioni sulla corretta gestione degli impianti di ventilazione e climatizzazione esistenti per ridurre al minimo i potenziali rischi di trasmissione dell’infezione.

In primo luogo AiCARR consiglia di ridurre il livello di occupazione degli ambienti nei luoghi di lavoro passando, ad esempio ad un’occupazione di una persona ogni 25 mq in modo tale da ridurre la possibilità di contaminazione aerea. Importante anche la ventilazione naturale degli ambienti che deve avvenire frequentemente; se negli ambienti sono presenti impianti di ventilazione meccanica, si suggerisce di tenerli costantemente accesi a velocità nominale o massima per permettere la rimozione delle particelle sospese nell’aria e quindi diminuire il rischio di contaminazione delle superfici.
Negli impianti dotati di ventilazione meccanica controllata (VMC) il rischio di contagio si riduce se si aumenta la portata dell’aria esterna di rinnovo. Potrebbe essere opportuno o necessario chiudere le vie di ricircolo per evitare che l’aria immessa sia contaminata da quella estratta o espulsa dagli ambienti. Secondo l’associazione, non ci sono evidenze sul fatto che lo spegnimento, consigliato dal documento Rheva Covid-19 della Federation of European Heating, Ventilation and Air Conditioning Associations, abbia qualche efficacia.

Riassumendo, gli interventi suggeriti, a seconda dei casi e dalle caratteristiche dell’impianto esistente, sono l’aumento della portata d’aria, la forzatura delle serrande in sola aria esterna, la disattivazione o by-pass del recuperatore di calore, il mantenimento del set point dell’umidità relativa al di sopra del 40%, il funzionamento in continuo dell’immissione di aria esterna.

Ad ogni modo, Aicarr precisa che si tratta di accorgimenti che rispondono al principio di precauzione, perché spesso non esiste una reale prova sull’efficacia nella riduzione del rischio. Allo stato attuale, si precisa, non ci sono evidenze in base alle quali risulti indispensabile provvedere in modo generalizzato a interventi straordinari di igienizzazione degli impianti. Si consiglia che gli interventi di manutenzione e igienizzazione, qualora effettuati, seguano sempre procedure ben definite e siano eseguiti da personale qualificato, dotato di idonei Dispositivi di Protezione Individuali. Qualunque intervento effettuato in modo scorretto e/o senza l’utilizzo di DPI potrebbe avere come risultato non la riduzione, ma l’incremento dei rischi.