ENEA presenta un innovativo impianto biogas compatto ad alto

ENEA presenta un innovativo impianto biogas compatto ad alto rendimento.

'ENEA presenta un innovativo impianto biogas compatto ad alto rendimento.'
ENEA presenta un innovativo impianto biogas compatto ad alto rendimento.

Il biogas si forma spontaneamente dalla fermentazione di materia organica. Le discariche di rifiuti urbani possono diventarne grandi produttori, visto che normalmente il 30–40% del rifiuto è appunto materiale organico, altre fonti principali potrebbero essere l'industria agricola o zootecnica; tale gas per essere utilizzabile ed ottenere un valore economico, prima deve essere captato ed accumulato in apposite strutture evitandone la dispersione nell'ambiente, per essere in seguito bruciato per produrre calore ed energia elettrica.
Gli impianti a biogas “tradizionali” funzionano, in maniera semplicistica, in questa maniera. All'interno di un apposito contenitore, il fermentatore, vengono convogliate varie sostanze naturali quali: letame, liquame, pollina, siero lattiero-caseario, scarti vegetali, sottoprodotti agricoli. Colture quali silo mais, frumento, sorgo, granella, in combinazione con liquami e letami, sono ottime materie prime. Inoltre possono essere utilizzati anche scarti dell'industria agroalimentare. Nel fermentatore, in assenza di ossigeno e a temperatura controllata, un grande numero di batteri degrada la sostanza organica. Il risultato di questa degradazione è triplice: biogas, calore e digestato (fertilizzante liquido naturale):

  • Il biogas viene convertito in energia elettrica grazie a un cogeneratore e ceduto alla rete nazionale. Una parte è convertita in ulteriore calore.
  • Il calore, oltre che per il processo di fermentazione stesso, è utilizzato per il rilscaldamento di alcuni locali dell'azienda, come stalle e uffici (o addirittura per un processo industriale).
  • Il digestato viene utilizzato come fertilizzante naturale nelle coltivazioni aziendali, la cui qualità è di gran lunga superiore al letame.

ENEA ha realizzato, presso il Centro Ricerche Casaccia, un nuovo impianto sperimentale per produrre biogas in grado di aumentarne resa e contenuto in metano oltre il 70%, riducendo volumi, tempi e costi di produzione rispetto agli impianti “tradizionali”.

In futuro, l’impianto verrà ampliato e dotato di altri componenti per testare, anche in collaborazione con l’industria del settore, una serie di innovazioni tecnologiche e di processo promettenti per la produzione di biometano e bioidrogeno. Si prevede di realizzare, in concomitanza, una copertura con pannelli fotovoltaici, che serviranno sia per alimentare le utenze dell’impianto che per produrre, mediante elettrolisi dell’acqua, una corrente di idrogeno che verrà impiegata in processi innovativi di bioconversione della CO2 contenuta nel biogas in metano. L’impianto si compone di un digestore pilota del volume di 1 m3 e di un dispositivo innovativo a campi elettrici pulsati, di taglia ridotta rispetto a quelli in commercio, che incrementano la resa di conversione in biogas, accelerando la degradazione della cellulosa, la componente più rilevante delle biomasse utilizzate. Adatto per essere alimentato con biomasse cosiddette “povere”, come canne, paglia, residui agricoli o rifiuti organici, al momento funziona con gli scarti provenienti dalla mensa del Centro.

La produzione di biogas da impianti di digestione anaerobica è considerata una tecnologia matura ampiamente diffusa sul territorio nazionale, in particolare nel Nord Italia, ma presenta delle criticità, specie nel caso di utilizzo di una percentuale rilevante di biomasse povere”, evidenzia Vito Pignatelli, responsabile del Laboratorio ENEA di “Biomasse e Tecnologie per l’Energia”. In questo caso, infatti, la ridotta efficienza di conversione della biomassa, pari a circa il 50-60%, e il ridotto contenuto in metano, intorno al 50%, fanno aumentare i costi per l’eventuale immissione in rete del biogas che per legge deve avere un contenuto minimo di metano del 97%. “Grazie alle innovazioni sviluppate nei laboratori dell'ENEA, come ad esempio l’impiego di miscele selezionate di funghi e batteri e la separazione dei diversi stadi del processo di digestione anaerobica in due diversi reattori (processo bistadio), oltre ad aumentare le rese di conversione di biomasse povere, siamo anche in grado di prevenire perdite di produttività in quanto, se si verifica un problema nel primo reattore, mentre si interviene su questo, il secondo continua a produrre metano regolarmente”, aggiunge Pignatelli. “I benefici sono comunque anche altri e di carattere più generale: utilizzando scarti alimentari contribuiamo alla riduzione dei rifiuti e con l’impiego di biomasse povere siamo in grado di valorizzare economicamente scarti dell’agricoltura, che rimangono in gran parte inutilizzati o, in prospettiva, recuperare a fini produttivi terreni degradati o comunque non utilizzabili per l’agricoltura convenzionale, come le aree in prossimità delle discariche”, conclude Pignatelli. Un importante elemento innovativo è la possibilità di verificare su scala pilota l’efficacia di diverse opzioni e configurazioni di processo, applicate separatamente o in modo combinato, testando soluzioni tecnologiche che possano essere proposte sul mercato per l’eventuale potenziamento ed efficientamento degli impianti già esistenti.