L’ACCORDO SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO DEVE AVERE LA FORMA SCRITTA A

L’ACCORDO SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO DEVE AVERE LA FORMA SCRITTA A PENA DI NULLITÀ

'L’ACCORDO SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO DEVE AVERE LA FORMA SCRITTA A PENA DI NULLITÀ'
L’ACCORDO SUL COMPENSO DELL’AVVOCATO DEVE AVERE LA FORMA SCRITTA A PENA DI NULLITÀ

Con l’ordinanza n. 24213 dell’8 settembre 2021, la Corte di Cassazione ha affermato che l'accordo fra avvocato e cliente con il quale viene stabilito il compenso per l'attività svolta dal professionista deve avere la forma scritta a pena di nullità. La vicenda traeva origine dal ricorso straordinario per Cassazione proposto da un legale contro l'ordinanza del Tribunale, con cui era stato liquidato in suo favore, quale compenso per l'attività difensiva svolta in favore di una ditta in un giudizio civile, un importo inferiore rispetto alla richiesta. In particolare, il Tribunale, tenuto conto delle deposizioni testimoniali, riconosceva l'esistenza di un accordo tra le parti per la determinazione del compenso nella misura ridotta così liquidata al professionista. Secondo l’avvocato, la sentenza impugnata violava l'art. 2233, comma terzo, c.c., secondo cui è nullo il patto tra avvocato e cliente, con il quale si stabilisce il compenso professionale, qualora lo stesso non sia redatto in forma scritta. Il Tribunale Supremo stabiliva che la norma di cui all’art. 2233, comma 3, c.c. “non può ritenersi implicitamente abrogata dalla art. 13, comma 2, della 1. n. 247 del 2012: tale norma stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto. Infatti, secondo l'interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nel terzo comma dell'art. 2233 c.c. In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all'atto del conferimento dell'incarico”. Inoltre, “se il legislatore avesse realmente voluto far venir meno il requisito della forma scritta per simili pattuizioni, è ragionevole ritenere che avrebbe provveduto ad abrogare esplicitamente la previsione contenuta nel terzo comma dell'art. 2233 c.c., il quale commina espressamente la sanzione della nullità per quei patti che siano privi del requisito formale ivi prescritto”. Infine, secondo gli Ermellini il Tribunale aveva ritenuto raggiunta la prova dell'accordo per la determinazione del compenso sulla base di una presunzione, non considerando che l'esistenza del requisito di forma non può essere sostituito da mezzi probatori diversi. In base a tali principi, la Suprema Corte cassava l’ordinanza e rinviava la causa al Tribunale.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'