LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER ECCESSIVA ONEROSITA' SOPRAVVENUTA:

LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER ECCESSIVA ONEROSITA' SOPRAVVENUTA: ALCUNI SPUNTI

'LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER ECCESSIVA ONEROSITA' SOPRAVVENUTA: ALCUNI SPUNTI'
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER ECCESSIVA ONEROSITA' SOPRAVVENUTA: ALCUNI SPUNTI

Per eccessiva onerosità sopravvenuta si intende quella situazione che, secondo l'ordinamento, fa sorgere il diritto a chiedere la risoluzione del contratto. Si verifica quando, a causa di eventi straordinari ed imprevedibili, si produce una grave alterazione dell'equilibrio fra il valore della prestazione e quello della controprestazione, equilibrio che al momento della conclusione del contratto sussisteva.

Per meglio capire l'ipotesi dell'art. 1467 c. c. è possibile ricorrere ad un semplice esempio. Poniamo che una parte si sia obbligata a fornire all'altra periodicamente un certo numero di componenti per computer ad un prezzo stabilito; un disastroso terremoto nella zona di produzione, ad esempio Taiwan, fa salire vertiginosamente i prezzi di questi componenti. È ovvio che se l'altra parte non accetta di pagare il nuovo prezzo, al fornitore non resterà altra strada che chiedere la risoluzione per eccessiva onerosità.

Non rileva come causa di risoluzione l' alea normale, vale a dire quel rischio al quale implicitamente ciascuna parte si sottopone. Il secondo comma dell'art. 1467 dispone, infatti, che la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nel normale rischio contrattuale.

L'eccessiva onerosità non ha effetto nemmeno sui contratti che siano aleatori “per loro natura o per volontà delle parti” (art. 1469 c. c.).

Quando invece il contratto comporti l'assunzione di obbligazioni di una sola delle parti, questa non può richiedere la risoluzione del contratto, ma “una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità” (art. 1468 c. c.).

Un problema particolare viene a crearsi nell’ipotesi in cui lo squilibrio delle prestazioni dipenda da colpa di una delle parti. Secondo la dottrina più accreditata, in questo caso l’ipotesi non sarà più disciplinata dall’art. 1467 c. c., bensì dall’art. 1453 c. c., con la conseguenza che la scelta tra risoluzione e prosecuzione del contratto non potrà essere chiesta dalla parte che ha interesse a riequilibrare il sinallagma contrattuale, ma eventualmente soltanto da quella non in colpa.

In caso di squilibrio nel sinallagma contrattuale la giurisprudenza ha stabilito che " nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche, il giudice di merito è tenuto a formulare un giudizio di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai loro rispettivi interessi, ed all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle deviazione maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte, e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale (tenuto conto non solo dell’elemento cronologico, ma anche e soprattutto degli apporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute e della incidenza di queste sulla funzione economico sociale del contratto)" (Cass. 16637/2013).

Lo squilibrio delle prestazioni deve dipendere da un evento straordinario (ossia un evento che statisticamente è poco frequente, con carattere di eccezionalità) e imprevedibile (cioè deve essere tale che i contraenti non lo avessero messo in conto, in base alle loro conoscenze ed esperienze).

Il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all’apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità, suscettibili di misurazione (e, quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere dell’imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza. L’accertamento del giudice di merito circa la sussistenza dei caratteri evidenziati è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi (T.A.R. Bari, sez. II, 13/05/2010, n.1865).

Quanto all’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione nei contratti a titolo gratuito, essa “consiste nella sopravvenuta sproporzione tra il valore originario della prestazione ed il valore successivo, mentre nei contratti onerosi (nel caso, permuta) consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, sicché l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, in presenza di squilibrio tra le prestazioni dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientranti nell’ambito della normale alea contrattuale, ai sensi dell’art. 1467 c.c. determina la risoluzione del contratto” (Cass. Civ., sez. III, 25/05/2007, n.12235).

Nell’affermare tale principio, la Suprema Corte ha escluso la configurabilità dell’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, quale conseguenza del venir meno della presupposizione, ritenendo non ricorrere nel caso neppure un’ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione legittimante la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1467 c.c., atteso il difetto dei necessari requisiti della straordinarietà e dell’imprevedibilità dell’evento.

Infine, la richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto con prestazioni corrispettive “costituisce, anche quando proviene dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, una vera e propria domanda, e non una eccezione, essendo diretta al conseguimento di una pronuncia che va oltre il semplice rigetto della domanda principale, né, tantomeno, una mera difesa” (Cass. Civ., sez. II, 07/11/2017, n. 26363).

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'