SULLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DELLA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO

SULLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DELLA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO: I CHIARIMENTI DELLA CASSAZIONE

'SULLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DELLA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO: I CHIARIMENTI DELLA CASSAZIONE'
SULLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DELLA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO: I CHIARIMENTI DELLA CASSAZIONE

Con la sentenza n. 15119 del 31 maggio 2021, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in materia giuslavoristica, affrontando il tema del licenziamento collettivo e della relativa procedura. In particolare, il Tribunale Supremo ha sottolineato che il comma 9 dell'art. 4 della Legge n. 223/1991 sancisce che la comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo, poiché finalizzata a consentire ai lavoratori, ai sindacati e agli organi amministrativi interessati di controllare la correttezza della comparazione, deve contenere, oltre all'elenco dei lavoratori licenziati, anche l'indicazione puntuale delle modalità con cui sono stati applicati i criteri di scelta e, dunque, l'indicazione completa dell'elenco (nominativo) dei lavoratori e dei punteggi a ciascuno di essi attribuito. “In tema di licenziamento collettivo, il termine di sette giorni previsto dall'art. 4, comma 9, della I. n. 223 del 1991, come modificato dalla I. n. 92 del 2012, per l'invio delle comunicazioni ai competenti uffici del lavoro ed alle organizzazioni sindacali, ha carattere cogente e perentorio e la sua violazione determina l'invalidità del licenziamento, a prescindere dalla circostanza che i lavoratori abbiano successivamente avuto conoscenza di tutti gli elementi che la comunicazione deve comunque avere (così da esprimere l'assetto definitivo sull'elenco dei lavoratori da licenziare e sulle modalità di applicazione dei criteri di scelta, Cass. ord. n.23034/18), atteso che detta comunicazione è finalizzata a consentire alle oo.ss. (e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori) il controllo tempestivo sulla correttezza procedimentale dell'operazione posta in essere dal datore di lavoro, anche al fine di acquisire ogni elemento di conoscenza e non comprimere lo “spatium deliberandi” riservato al lavoratore per l'impugnazione del recesso nel termine di decadenza”. Poi ancora, gli Ermellini hanno chiarito che “la prima parte dell'art. 5 cit., dispone che la “l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico produttive ed organizzative del complesso aziendale”, ciò in forza dell'esigenza di ampliare al massimo l'area in cui operare la scelta, onde approntare idonee garanzie contro il pericolo di discriminazioni a danno del singolo lavoratore, in cui tanto più facilmente si può incorrere quanto più si restringe l'ambito della selezione; la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere dunque limitata solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale”, e il datore è tenuto a provare il fatto che determina l'oggettiva limitazione di tali esigenze.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'